Qualche informazione sull’arancio

NEWSLETTER 004

del Mercato della Terra di FIESOLE

– di Leonardo Galli

L’arancio dolce si è originato, attraverso complessi cicli di ibridazione, dall’incrocio tra il pummelo (Citrus maxima) e il mandarino (Citrus reticulata Blanco), presumibilmente in Cina.

L’arancio dolce (Citrus sinensis) è la prima specie in ordine di importanza fra quelle appartenenti al genere Citrus rappresentando circa il 50% della produzione mondiale

Viene coltivato in una fascia che va tra i 35° a Nord e Sud dell’Equatore.

La superficie globale di coltivazione, insieme all’arancio amaro (che contribuisce in minima parte) è di 4 milioni di ha con una produzione di 75,4 milioni di tonnellate.

Brasile e Cina sono i maggiori produttori seguiti da India ed Usa.

Negli ultimi anni la pianta è stata colpita dal batterio floematico Candidatus Liberibacter asiaticus, (HLB) la cui origine è ancora incerta, che ha ridotto notevolmente la produzione.

L’area mediterranea, ancora indenne dal batterio vede la Spagna come maggior produttore, Egitto e Italia sono fra i primi dieci produttori al mondo. La produzione italiana ha avuto un forte impulso negli ultimi anni grazie anche al rinnovamento dei frutteti, a seguito della diffusione del “virus della tristezza” (Citrus Tristeza Virus), con il reimpianto su portainnesti resistenti.

Attualmente la produzione di attesta fra 1,6 e 2 milioni di tonnellate.

Arancia Navel

Arancia Sanguinello

Arancia Tarocco

 

L’attuale ampio panorama varietale di arancio dolce sembra derivi esclusivamente da mutazioni gemmarie insorte e selezionate nei diversi areali di coltivazione.

Le categorie principali di arancio dolce sono le seguenti:

1) ARANCE BIONDE (comuni), fra le quali il gruppo varietale Valencia è il più rappresentativo e diffuso;

2) ARANCE OMBELICATE (Navel), i cui frutti sono caratterizzati da sincarpìa, cioè dalla presenza di un frutticino secondario e di una piccola apertura stilare (detta navel = ombelico).

3) ARANCE PIGMENTATE (rosse), delle quali fanno parte cultivar (Tarocco, Moro e Sanguinello) con frutti caratterizzati da pigmentazione rossa nella polpa. Diffusi nelle aree della Sicilia alle pendici dell’Etna.

4) ARANCE A BASSO CONTENUTO DI ACIDITA’ (“acidless”) di minore diffusione ed importanza commerciale.

La CV Valencia è molto diffusa per la sua adattabilità a diverse condizioni pedoclimatiche, inoltre in quanto varietà tardiva permette il prolungamento della commerciabilità alla primavera inoltrata.

Le arance “Naveline” sono senza semi e nascono anche da fiori sterili.

Il Sanguinello è una varietà di arancia rossa di Sicilia molto apprezzata. La sua buccia caratteristica presenta un bel colore arancio intenso e striature tendenti al rosso; la polpa è ambrata e con screziature rosse di varie gradazioni, molto succosa e ricca di sali minerali e vitamine, presenta pochi semi e una bassa acidità. Matura verso febbraio, ma è in primavera che le sue caratteristiche organolettiche raggiungono la perfezione.

Le arance Tarocco presentano un calibro medio-grosso con polpa striata di rosso, buona da mangiare e facile da sbucciare grazie allo spessore medio della sua buccia dal colore molto tenue.

Di questa varietà fanno parte diversi “cloni”: tarocco dal muso, tarocco nucellare, tarocco gallo, tarocco scirè, tarocco cocuzza, tarocco meli, caratterizzate dalla colorazione rossa più o meno intensa della buccia e in particolare modo della polpa.

Dall’aroma indistinguibile l’arancia tarocco è la regina delle arance siciliane. La varietà più pregiata e apprezzata al mondo. Appartiene alla cultivar di arance pigmentate o sanguigne per il caratteristico colore rosso determinato da particolari pigmenti chiamati “antocianine” e per i particolari fattori ambientali: la colorazione rossa diventa più intensa con le basse temperature e le escursioni termiche.

Da un punto di vista organolettico, sono caratterizzate da un sapore molto piacevole, grazie al contenuto elevato, ma allo stesso tempo equilibrato, di zuccheri e acidi, oltre alla presenza di alcune sostanze aromatiche come il limonene e altre sostanze organolettiche. A questo si aggiunge anche un’elevata succosità.

Quindi come abbiamo visto, seppur con alcune leggere distinzioni fra varietà e varietà le proprietà benefiche delle arance sono molteplici: abbondante contenuto di vitamina A, C, B1, B2, sali minerali e zuccheri, antiossidanti, disintossicanti, diuretiche e digestive, antiemorragiche e di protezione dei vasi sanguigni.

(Fonti: Rivista di Frutticoltura)

 

Prodotti ortofrutticoli e consumatori

L’aspetto esteriore della frutta e della verdura spesso è il fattore determinante nella scelta del consumatore. Lucentezza, brillantezza, assenza di ammaccature e difetti visivi non sono sempre direttamente correlati alla qualità e salubrità del prodotto.

Per le fasi finali del processo agroindustriale (raccolta, selezione, confezionamento ed esposizione a scaffale) l’uniformità dimensionale e l’aspetto esteriore rappresentano elementi decisivi e ciò comporta che la GDO sia disposta a pagare un prezzo più alto ai fornitori.

Spesso per ottenere questi risultati si fa ricorso ai fitoregolatori, ovvero ormoni vegetali di origine naturale (fitormoni) o di sintesi senza “corrispondenti” in natura.

Si tratta di sostanze che stimolano, ed in qualche caso alterano, il metabolismo della pianta. Sono utilizzati per stimolare l’accrescimento, aumentare la colorazione, modulare la crescita tale da rendere più omogenee le produzioni in campo o in serra e per avere prodotti di taglia simile, più standardizzata possibile, a beneficio di raccolta meccanizzata, confezionamento e logistica.

La differenza sostanziale fra i fitoregolatori di sintesi e quelli naturali consiste nel fatto che i secondi sono controllati in maniera migliore dal metabolismo della pianta e vengono eliminati abbastanza rapidamente, quelli di sintesi persistono di più nell’organismo vegetale.

In Italia non sono molti i principi attivi autorizzati nelle varie colture con finalità di regolazione della crescita dei vegetali ma, a differenza del ben noto impatto sulla salute umana di alcune categorie di pesticidi, sono poco studiati gli effetti sulla salute umana che i fitoregolatori, specie quelli di sintesi, possono causare. Già negli anni ’80 una ricerca dell’Università di Firenze metteva in guardia sulle possibili conseguenze del loro impiego.

Uno studio dell’Univesità di Zurigo* ha coinvolto attraverso interviste 196 coltivatori di mele. Secondo i risultati ottenuti, il 23,5% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare i fitoregolatori principalmente per migliorare l’aspetto del frutto, mentre il 59,2% li usa per il diradamento chimico, ovvero per far cadere dall’albero i frutti in eccesso e meno “promettenti”, permettendo a quelli rimanenti di diventare più grandi.

Lo studio evidenzia che l’impiego di queste sostanze è necessario per favorire la vendita presso la GDO – Grande Distribuzione Organizzata (i supermercati). “Le mele di Classe 2, che possono presentare qualche piccola imperfezione o difetto, si vendono agli intermediari a solo il 41% del prezzo delle mele di Classe 1, che devono aderire a dei parametri estetici più stringenti.


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Quando si vende direttamente al consumatore, invece, il prezzo delle mele di Classe 2 può arrivare al 67% di quello delle mele di Classe 1″.

La scelta di prodotti a filiera corta o cortissima permette al consumatore informato di risparmiare e tutelare la propria salute.

* Spraying for the beauty: Pesticide use for visual appearance in apple production
Luca Zachmann, Chloe McCallum, Robert Finger. First published: 15 May 2024 https://doi.org/10.1111/agec.12836

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La Peste Suina Africana
Un appello di Slow Food

La diffusione della peste suina africana sta assumendo dimensioni preoccupanti, il contagio si propaga sul territorio, attraverso i cinghiali e tramite le attività umane (spostamenti, abbandono di rifiuti infetti) e negli allevamenti soprattutto a causa di errori gestionali degli operatori.

Una delle ricadute più drammatiche di questa situazione è la chiusura di tanti piccoli allevamenti estensivi e semi-estensivi.

 

 

Queste realtà rappresentano un presidio del territorio in aree interne, montane, dove costituiscono alcune tra le poche attività produttive possibili, sono prevalentemente a conduzione familiare nel rispetto dell’etica e delle buone pratiche di allevamento e, cosa di fondamentale importanza, allevano e tramandano le ultime razze suine autoctone italiane.

Otto sono le razze tradizionali autoctone, la Cinta senese, (che ha ottenuto la DOP), il Suino Nero dei Nebrodi, il Suino Sardo, la Mora Romagnola ed il Suino Nero Pugliese, Presidi Slow Food, alle quali si aggiungono la Casertana, il Nero di Parma, che alcuni allevatori incrociano con la Large White con eccellenti risultati per la norcineria tradizionale, e il Nero di Lomellina o Nero del Piemonte.

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Altre popolazioni a pelo scuro, rustiche e adatte all’allevamento estensivo, come il Nero Abruzzese o il Nero Apulo Calabrese sono in fase di “recupero”.

Come detto, il problema della peste suina africana ha effetti devastanti su queste preziose realtà locali, veri scrigni di tradizione ed esperienza dell’arte norcina.

Purtroppo, le normative di contrasto alla peste suina non prevedono attenzioni specifiche per queste razze e per questi sistemi di allevamento su piccola scala e, laddove si verificasse un focolaio, gli animali – compresi i riproduttori – dovrebbero essere abbattuti, come è già purtroppo successo.

L’appello di Slow Food, in particolare agli organi ministeriali preposti, richiama la sensibilizzazione al problema, mettendo in atto tutti i mezzi ed i presidi necessari per evitare macellazioni indiscriminate.

Una delle attività necessarie è il prelievo e la corretta conservazione del seme, per mezzo della crioconservazione (in Azoto liquido a -196°C) nelle apposite banche.

Già nel dicembre 2023 vennero suggerite linee guida per la sicurezza, da diverse associazioni, fra le quali Slow Food, alla struttura commissariale per l’emergenza.

1) Protezione degli allevamenti “fragili” (bradi e semibradi, custodi di razze autoctone o loro incroci, spesso gestiti in regime biologico) in aree interne.

Sviluppare ed adottare misure di biosicurezza per gli allevamenti di piccole dimensioni (<300 capi) ed estensivi che contribuiscano a mitigare i reali fattori di rischio in questi contesti d’allevamento, incentivando la realizzazione di recinzioni per isolare i suini domestici dai selvatici attraverso il loro finanziamento al 100%, in tutte le regioni.

2) Salvaguardia del patrimonio suinicolo in zone infette

Limitare l’obbligo di svuotare forzatamente gli allevamenti nelle “zone di restrizione 2” può compromettere la biodiversità e la sopravvivenza di razze autoctone e considerate a rischio di estinzione, in particolare negli allevamenti definiti “fragili”, prevedendo azioni diversificate che tengano conto dei “materiali genetici preziosi” e delle “razze rare”, per evitare svuotamenti forzati negli allevamenti che rispettano le misure di biosicurezza.

3) Risarcimenti adeguati agli allevatori

Riconoscendo il valore reale dei prodotti biologici e/o provenienti da razze autoctone a lento accrescimento per i risarcimenti, consentendo la partecipazione di allevamenti che praticano la vendita diretta, garantendo ristori differenti rispetto a quelli per i prodotti destinati alla grande distribuzione.

4) Riapertura degli allevamenti in zona infetta e macelli designati.

Le misure di biosicurezza rafforzata, sviluppate per allevamenti convenzionali al chiuso, possono rappresentare un peso economico durissimo da affrontare per gli allevamenti definiti “fragili”.Separare le filiere di macellazione e favorire l’uso di strutture più piccole, promuovendo la creazione di filiere di macellazione brevi e consentendo ai piccoli allevamenti di macellare suini presso le proprie strutture o in macelli locali. In questo modo si ridurrebbero così gli spostamenti – e il rischio di diffusione della peste – si migliorerebbe il benessere animale e si aumenterebbe l’autosufficienza delle filiere locali.

 

I cibi del mese:

 

Verdure e legumi

  • cappuccina
  • scarola
  • broccolo
  • cardi
  • cavolfiori
  • cicorie
  • finocchi
  • funghi
  • indivia belga
  • porri
  • radicchio tardivo
  • rape
  • sedano rapa
  • tartufi
  • verza
  • lenticchie
  • ceci

Frutta

  • arance
  • mandarini
  • limoni
  • mele
  • pere
  • cachi
  • kiwi
  • olive

 

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Newsletter 004 dic 2025